STORIA DEL GIOCO. Maria Montessori: rispettate la personalità dei bambini
ott 15th, 2013 | By coni | Category: Primo piano, Vivere lo Sport
STORIA DEL GIOCO
Maria Montessori: rispettate la personalità dei bambini
Prima donna medico in Italia nel 1896, pone al centro della sua infaticabile attività di ricerca (che dà vita alla pedagogia scientifica) la difesa del bambino, delle sue esigenze e dei suoi diritti.
Da qui parte quando fonda nel 1907, a Roma, la prima ‘Casa dei Bambini”, campo di prova e messa a punto del suo metodo, in un ambiente ‘a misura di bambino’, con arredi e spazi alla sua altezza.
L’adulto ha solo il compito di offrire al bimbo un ambiente idoneo e i materiali di gioco per esprimere e sviluppare le sue potenzialità in modo completo ed efficace. E, soprattutto, ogni piccolo deve essere lasciato libero di fare le sue esperienze e attività. Perché ogni bimbo ha una ‘mente assorbente’ capace di cogliere e assimilare, attraverso il subconscio, le esperienze esterne, sviluppando così le sue capacità psichiche e intellettuali (Riccardo Massa, Istituzioni di pedagogia e scienza dell’educazione,Laterza).
Il rispetto della personalità del bimbo e della sua originalità, secondo la Montessori, può migliorare la società umana e conquistare alla pace e alla tolleranza tutti gli esseri umani (La pace e l’educazione, 1933; Formazione dell’uomo, 1949).
Alla base di questa visione, l’esperienza dei sensi – messa alla prova anche attraverso il materiale strutturato del gioco – e il movimento sono gli ingredienti principali per un’educazione attiva, centrata sul bambino. Non a caso, una tra le più celebri frasi della scienziata è “Aiutami a fare da solo”.
“Nel gioco i bambini sono attivi, ma lo sono anche in tutta una serie di mansioni quotidiane che essi fanno con gioia, per il piacere dell’attività e dei movimenti che comportano”, spiega Anna Oliverio Ferraris parlando della Montessori.
Attraverso il gioco, il bimbo addestra i sensi e affina la percezione, in un certo senso la concentrazione e l’impegno che richiede l’attività ludica è molto simile a quella del lavoro per la scienziata marchigiana.
Questa analogia tra lavoro e gioco assume grande importanza anche per l’americano John Dewey(1859-1952), filosofo e pedagogista, padre della scuola progressiva (che presuppone, cioè, l’introduzione di nuove sfide per gradi, secondo lo sviluppo del bimbo).
Dewey mette l’accento sulla dimensione del gioco che aiuta a esercitare il problem solving (la risoluzione di problemi) e la tolleranza della frustrazione per il raggiungimento di un obiettivo (se la torre crolla, si ricomincia senza bizze!). In tale prospettiva, posto che il traguardo finale dell’attività sia abbastanza remoto e serva un impegno costante per perseguirlo, il gioco prefigura il lavoro (Come pensiamo, 1910). Tanto che nello stesso volume invita gli educatori a non esaurire l’attività ludica solo nell’aspetto del divertimento e del fantastico ma di calarla nella realtà.