Ma il Giappone i giochi li voleva veramente?

lug 28th, 2021 | By | Category: Primo piano, Vivere lo Sport
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Entreranno nella storia.
Tutte le Olimpiadi in quanto tali sono manifestazioni destinate, a causa dei motivi più disparati, a volte purtroppo anche tragici, ad essere ricordate, ma quelle di Tokyo entreranno nella storia per un “pezzetto” di più, una particolarità che, fino ad oggi, non si era mai verificata: saranno le prime olimpiadi senza pubblico.
Ma, ancora, saranno le prime olimpiadi ad essere state rinviate disputandosi così in anno dispari e diventeranno, inoltre, i primi giochi nei quali la fiaccola olimpiaca ha fatto il suo arrivo, quasi in incognito, senza l’accoglienza festosa, che sempre ha accompagnato questo evento.
Il Parco Olimpico di Komazawa, che aveva già ospitato i giochi del 1964, accoglieva questa volta l’arrivo del simbolo olimpico con uno scenario desolante: completamente vuoto, sotto una leggera pioggia che rendeva l’ambiente ancora più triste, ma non impediva alla governatrice di Tokyo Yuriko Koike – con la fiaccola contenuta in una lanterna al suo fianco – di rivolgersi ad un pubblico immaginario dicendo: ”A causa dell’impatto del coronavirus non sarà possibile trasportare la fiaccola lungo le strade pubbliche”.
Intorno alla zona dove è arrivata la fiaccola non sono mancati comunque di ritrovarsi curiosi e con loro gruppi manifestanti che, preoccupati per i numeri di contagi ancora alti, innalzavano cartelli con i quali chiedevano la cancellazione dei giochi; cosa ovviamente impossibile a questo punto, con la macchina organizzativa ormai lanciata, con le delegazioni alle prese con gli ultimi dettagli e con molti atleti già presenti in Giappone.
Dopo aver attraversato le 46 prefetture del Giappone, con un viaggio iniziato nel marzo scorso, la torcia è arrivata a Tokyo, proprio il giorno seguente all’annuncio che la 32° Olimpiade si sarebbe tenuta a porte chiuse; una decisione che, seppur paventata, fino all’ultimo si è sperato che potesse essere sospesa.
Per la cerimonia inaugurale, il 23 p.v. nello stadio Nazionale è previsto l’ingresso della torcia, quello degli atleti e basta: niente pubblico, mentre ancora non è dato da sapere come e se si svolgerà qualche coreografia.
Ma non doveva essere così: più di 100 tedofori erano pronti per una staffetta che li avrebbe visti impegnati nel passaggio dei posti più conosciuti e rappresentativi di Tokyo.
Le autorità giapponesi però, improvvisamente colti dalla paura e sollecitati da un’opinione pubblica (72 % contraria ai giochi), decidevano di prorogare lo stato di emergenza fino al 22 agosto, vale a dire due settimane dopo la fine dell’Olimpiade, impedendo così, di fatto, la partecipazione del pubblico ai giochi.
Amara conclusione di una storia iniziata l’anno scorso allorquando le olimpiadi, fissate dal 24 luglio al 9 agosto 2020, vennero, causa covid, posticipate di un anno, ma sempre tenute in bilico tra la regolare effettuazione oppure una nuova sospensione con conseguente ulteriore rinvio al 2022, cosa peraltro impossibile perché, oltre a motivi facilmente immaginabili, sarebbero andati a coincidere con le olimpiadi invernali.
Alla fine non rimaneva che una sola alternativa: svolgere i i giochi cercando, attraverso determinate misure, di limitare il più possibile contatti e il conseguente rischio di contagi; ecco alcune di queste misure che renderanno le olimpiadi di Tokyo 2020-2021 certamente uniche.
Verranno eliminate le interviste dal vivo ed ogni altro tipo di contatto con gli atleti; per i giornalisti ci sarà anche l’impossibilità di accedere agli impianti, il loro lavoro si svolgerà solo in sala stampa con collegamenti video. Gli atleti, a loro volta, terminata la propria gara avranno 48 ore di tempo per lasciare il paese; a queste bisogna poi aggiungere tutte le varie precauzioni e limitazioni in materia di contatti personali, trasporto, vita nel villaggio o altri luoghi che condizioneranno non poco il “popolo” olimpico.
Inoltre disputare i giochi a porte chiuse comporterà ovviamente anche un danno economico non di poco conto.
Anzitutto andranno restituiti i soldi dei biglietti già acquistati, un’altra grave perdita verrà dalle disdette delle prenotazioni negli alberghi: i vari sponsor, per quanto li riguarda, stanno rivendendo le loro posizioni economiche; la mancanza di pubblico inoltre farà calare sensibilmente il mercato della vendita di gadget, un commercio sempre molto fiorente. A tutto questo poi bisogna aggiungere 2,3 miliardi, il costo cioè del rinvio dell’anno scorso.
Per tornare alle “olimpiadi chiuse” bisogna dire che è allo studio la possibilità di poter fare accedere spettatori soltanto in alcuni tratti del percorso dove si svolgerà la maratona e la marcia.
L’Italia porterà 384 atleti, il numero più alto di tutte le edizioni. C’è da registrare un dato curioso ed importante: nella rappresentativa della Gran
Bretagna per la prima volta le donne superano gli uomini: 201 contro 175.
Al di la di ogni considerazione sulla pandemia che ha condizionato i giochi e sul giusto timore di una ulteriore diffondersi del virus, vorrei però dire che il Giappone è un paese al quale certo non difettavano le capacità organizzative e sanitarie per affrontare la situazione nei tempi e modi giusti avendo avuto un ulteriore anno mezzo a disposizione.
L’olimpiade, questa è la verità, non è stata vista e accettata di buon grado dal popolo nipponico che vedevano in questa un ulteriore causa dell’allargamento della forbice economica esistente, ed aggravata già dalla pandemia. Non per niente ad accogliere la fiaccola c’erano manifestanti con cartelli in cui c’era scritto: ”Le olimpiadi sono contro i poveri”, frase semplice com’è nello stile giapponese, ma non per questo meno efficace.
E chiaro che i giochi, il cui costo ha superato la cifra di sette miliardi di dollari, senza averne un rientro adeguato, favoriscono tale opinione, particolarmente in un paese dove non mancano emarginazione e disuguaglianze, che si riflettono maggiormente proprio nella megalopoli giapponese dove forte è il contrasto tra la frenetica vita che vi si svolge e la miseria dei senza tetto emarginati.
A questo proposito interessante è il libro “Tokyo – stazione uno” della scrittrice nippo-coreana Yu Miri nel quale la storia del personaggio principale Kazu, fornisce il pretesto per la critica sociale al mito del progresso fondato sulle apparenze, un netto atto di accusa al capitalismo che risuona più forte alla vigilia di un evento come le olimpiadi.
La scrittrice nel suo racconto della società giapponese e delle sue diseguaglianze indica nei giochi un’ulteriore causa dell’aumentare di queste.
Poi ospite non invitato e indesiderato è arrivato il coronavirus.

Stefano Cervarelli

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