IL PALLONE SI E’ ROTTO (Enzo Di Maio, Direttore sportivo FIGC)

giu 12th, 2015 | By | Category: Personaggi Sportivi, Primo piano
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di Enzo Di Maio -  Nulla sarà più’ come prima e siamo solo all’inizio di uno sconvolgimento totale che, inevitabilmente, comporterà una ridisegnazione dei valori sia nazionali che internazionali e potrà portare ,come non lontana ratio, anche alla scomparsa di alcuni, sino a non lontani tempi, prestigiosi club.

Condiviso pubblicamente – 20 apr 2014
IL PALLONE SI E’ ROTTO (Enzo Di Maio, Direttore sportivo FIGC)

Riflettendo su ciò’ che era il nostro calcio sino a pochi anni or sono, vedendo il suo stato attuale e basandomi sulla personale esperienza derivante dalla gestione di diverse realtà professionistiche, non si possono fare che alcune semplici considerazioni, e’ in atto un cambiamento epocale.

Nulla sarà più’ come prima e siamo solo all’inizio di uno sconvolgimento totale che, inevitabilmente, comporterà una ridisegnazione dei valori sia nazionali che internazionali e potrà portare ,come non lontana ratio, anche alla scomparsa di alcuni, sino a non lontani tempi, prestigiosi club.

C’è da premettere che sino ad ora e tuttora il sistema calcio,nella sua globalità che non comprende solo il professionismo, si e’ retto esclusivamente per merito ad esposizioni personali e infruttuose dei vari facoltosi personaggi alla ricerca di quella visibilità pubblica che indubbiamente questo mondo dona. Il sacrificio economico era compensato dal ritorno di immagine che i “vanesi” rincorrevano. Tutto ciò’, in alcuni casi ha già avuto ed in altri sta avendo, dolorosa fine per via della grave crisi economica che sta attraversando sia il nostro paese, sia l’Europa e sia buona parte del l’occidente, si chiama volgarmente “effetto globalizzazione” condito da rischio di default economico . L’Italia, purtroppo , e’ una delle nazioni che più’ risente di questo stato di crisi.
I Paperoni nostrani che prima regalavano alla platea nazionale successi e gloria in competizioni sia locali che internazionali sono in via di estinzione . La priorità che hanno e’ la loro stessa sopravvivenza economica e l’ultima cosa che possono fare e quella di dirottare capitali a fondo perduto. In poco tempo ci siamo ritrovati con un Milan costretto da una ingente posizione debitoria a dover cedere i suoi pezzi migliori ed a cercare , sta accadendo in questi giorni, compartecipazioni estere per poter sopravvivere. L’Inter e’ stata protagonista di un doloroso addio, quello della famiglia Moratti, che per tantissimi anni ha legato il suo nome a quello della società . Ora e’ in mani indonesiane, ma la vedo dura . Tohir e’ un investitore non certo uno che dispensa capitali. L’Inter dovrà’ prima dare per poi ricevere. Ci vorranno anni per rivederla sui vecchi palcoscenici. Il Napoli, fortunatamente, e’ legato alle fortune della casa di produzione cinematografica di De Laurentis che, e’ bene precisarlo, ha la sua cassaforte negli Stati Uniti. Sulla Lazio parlarne credo sia doloroso come sparare sulla croce rossa. E’ in mano di Lotito, un imprenditore che l’ha salvata dal fallimento ma che non ha certo intenzione di fallire lui per colpa della Lazio. L’Amministra con parsimonia tenendo bene in evidenza i confini dove le e’ consentito muoversi. Gia questo, per una squadra che ha rischiato di divenire ricordo, può’ essere un risultato apprezzabile. Dovremo ora analizzare la situazione di due realtà che si odiano (metaforicamente ) sia tra conduttori che tra tifoserie ma che, vedremo di seguito , stanno percorrendo un identico cammino che le rende, di fatto, attualmente le uniche certezze presenti e future di tutto il nostro panorama calcistico , Juventus e Roma.
Prima di invadere il mondo di Queste due realtà’ ed analizzare il perché’, inevitabilmente,sono destinate a dominare il palcoscenico calcistico nazionale ,e aggiungo: “speriamo lo facciano anche in Europa”,per molto tempo , e’ bene spiegare a chi (e sono i più’), pensa che il calcio si limiti al essere solo quello che si vede su i campi il fine settimana e, cioè , 22 persone in maglietta e calzoncini corti che di rincorrono sopra un pezzo di prato verde delimitato con strisce bianche che nella realtà’ non e’ così .
Cio’ che l’appassionato ,o tifoso che dir si voglia vede la domenica e’ solo la parte terminale di un difficile ed oneroso lavoro societario.
Un club di vertice e’ strutturato in modo inimmaginabile per chi segue il calcio dall’esterno. Superano le cento unita’, tralasciando la forza calciatori , gli addetti ai lavori che prestano la loro opera in ogni singolo club e che figurano sul libro paga societario. Direttore Generale e suoi collegati, direttore sportivo e suoi collegati, segreteria e suoi collegati, reparto sanitario, reparto amministrativo, addetti alle strutture, addetti al settore tecnico, reparto assicurativo, addetti ai rapporti con l’estero, addetti al merchandising , osservatori per il territorio nazionale,mosservatori per l’estero ecc. Probabilmente mi sono tenuto anche basso come numero. Dal martedì alla domenica in ogni società calcistica non c’è un momento di pausa , si lavora senza sosta dal mattino alla sera in ogni settore. L’obbiettivo e’per tutti comune , risultati e stabilità’ economica . Una società della massima serie deve necessariamente tenere sotto continua osservazione il mercato, sia in entrata che in uscita . Essere informata e costantemente relazionata su ciò’ che offre il mercato calciatori , sui talenti in essere e su quelli emergenti. Una società che si rispetti deve necessariamente avere dei propri tecnici in paesi esteri ed essere costantemente relazionata su tutte le possibilità di acquisizioni tecniche. C’è chi , come ad esempio Milan, Juventus , Inter ed Udinese, gestisce in proprio e con tecnici Italiani settori giovanili esteri. L’Udinese che da anni persegue una politica basata sulla scoperta ed il lancio di nuovi giovani talenti nella maggior parte provenienti da paesi in via di sviluppo e’ ,al momento, l’unica società’ Italica a non essere in sofferenza economica ma, al contrario, e ‘ in sostanzioso attivo..

L’acquisizione , poi, di un giocatore di nome da parte di una società e’ un avvenimento che richiede molto tempo e la partecipazione di molte persone. Non e’ una cosa semplice acquisire le prestazioni di un atleta. Fino a pochi anni fa i rapporti per il trasferimento di un calciatore intercorrevano tra la società’ cedente, la società’ cessionaria ed il procuratore del tesserato. Non era semplice trovare un accordo ma nemmeno difficile . Adesso una trattativa , per andare in porto ed essere chiara in ogni dettaglio , ha bisogno anche di mesi e mesi. Sono anche cambiati i metodi di lavoro. La figura del procuratore sportivo, a livelli alti, praticamente e’ irrilevante. A volte il calciatore stesso viene informato che esiste una trattativa che lo riguarda solamente quando questa e’ in fase molto avanzata. Non e’ raro , anzi sempre più’ frequente, che il calciatore non sia neanche proprietario di se stesso ma di società di management preesistenti o costruite su di lui che , dietro corrispettivo di sontuose cifre ,mne acquisiscono tutti i diritti. Non è ‘ con l ‘atleta quindi che la società deve trattare e neanche con la società consorella che ne sfrutta al momento le prestazioni ma con l’entità’ di management. Non si parla solo di prestazione tecnica ma anche di sfruttamento dell’immagine, introiti pubblicitari , partecipazioni agli utili ed un mare di altri cavilli. Incontri e trattative snervanti che il popolo del tifo neanche lontanamente immagina. Per trattare, ad esempio, un Messi o un Cristiano Ronaldo , si muove un esercito di persone che non lasciano nulla al caso e prestabiliscono di tutto e di più ,anche la marca di carta igienica da usare. Naturale, quindi, che in questi casi i preliminari, le postille e le postille delle postille si inizino ad inizio stagione ma riguardino quella successiva . Mi e’ capitato di imbattermi in contratti più’ voluminosi di un vocabolario. Tutto quanto sopra per far capire, prima di rientrare nel tema iniziato nella prima parte, che a volte dall’esterno un società può all’occhio del tifoso risultare immobile ma non lo è affatto.
Vediamo alfine di completare questo discorso riprendendo il filo che avevamo interrotto nella prima parte di questa mia disamina.
Stavo iniziando a spiegare il perché’ , attualmente , Juventus e Roma sono le più avanzate rispetto alle consorelle.
La Juventus si e’ già dotata ,e la Roma lo sta facendo ,di una propria casa , cioè di strutture, non solo stadio , che permetteranno di generare cospicue entrate da reinvestire nel potenziamento dell’organico e di entrare di diritto nel ristretto gruppo di potenze europee attualmente circoscritte a società Franco/Ispaniche/Anglo /Germaniche.
Avere uno stadio di proprietà e’ , ad oggi , l’unica strada percorribile per uscire dalla profonda crisi economica che attanaglia le nostre società’ e ha conseguentemente determinato la perdita di posizioni nel ranking europeo.
Avere una casa propria permettera’ di diversificare le entrate economiche generando ricchezza. Gli impianti , che comprenderanno supermercati, multisala, vendita merchandising , parchi giochi, ristoranti e quant’altro non saranno vivibili solo la domenica ma “full time”, sette giorni su sette e il flusso di denaro sarà utilizzato per sanare passività pregresse e rafforzare il parco tecnico.
La Juventus, dicevamo , ha già intrapreso con successo questo percorso. Il progetto presentato dalla Roma e’ stupendo e, questa società , a differenza della Juve , può contare su un inesauribile bacino di utenza appassionata fornito da Roma Capitale. La Roma potrà finalmente liberarsi dalla fastidiosa obbligata partnership di Unicredit , riscattarne le quote detenuta da quest’ ultima e aprirsi al brillante disegno della società’ americana guidata da Sam Pallotta. Gli stessi obbiettivi degli stadi di proprietà stanno per essere percorsi da altre prestigiose società oggi in palese difficoltà come Milan e Inter Lazio e Fiorentina ma se ne accoderanno anche altre. E’ bene dire che non saranno percorsi celeri ne tantomeno facili. La costruzione di impianti di questo tipo necessita di cospicui investimenti non solo da parte delle società calcistiche ma anche della collettività e, cioè , dei comuni che dovranno fornire le infrastrutture ed i collegamenti necessari. Torino lo ha già fatto, Roma, con il progetto già approvato si prepara a farlo, in questi tempi di crisi speriamo che anche le altre città riescano a farlo . D ‘altronde si tratterà di un do ut des poiché si genererà nuova occupazione , flusso e circolazione di moneta e, quindi , entrate fiscali.
Per il momento termino, spero di non avervi annoiato calandomi e facendovi partecipi di quella che e’ stata ed e’ la mia professione che indubbiamente concede delle soddisfazioni ma non è tutta rose e fiori come la quasi totalità di chi vive il calcio da fuori e’ portato a credere.
Alla prossima.

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