GENITORI … VINCENTI di Stefano Cervarelli
nov 5th, 2013 | By coni | Category: Primo piano, Vivere lo SportGENITORI … VINCENTI
Riuscite ad immaginare dove può spingersi un genitore per soddisfare la propria ansia di successo? Riuscite ad immaginare cosa può fare in preda alla voglia di dare sfogo ad ambizioni represse? Credete che possa servirsi del corpo, della mente, dell’emotività dei propri figli?
No?!
Allora, Vi prego, abbiate la pazienza di leggere queste poche note: ne riparleremo dopo.
Partiamo dall’ultimo avvenimento ( conosciuto) riportato da La Repubblica il giorno 16 Ottobre 2013.
Un ragazzino, non ancora quattordicenne, inizia a frequentare per svago una piscina, gli piace nuotare tant’è che presto gli istruttori, vedendo in lui potenziali doti, lo invitano a cimentarsi con il nuoto agonistico. Al ragazzino piace ed in pochi mesi apprende rudimenti dei quattro stili. Inizia a gareggiare, ottiene qualche buon risultato e soprattutto si diverte insieme agli amici; ma a questo punto entra in scena il padre del ragazzo: “Mio figlio deve essere un campione!”
Ci crede, immagina per il ragazzo podi e trionfi.
Con negli occhi e nella mente questa prospettiva costringe il figlio – che nel frattempo ha compiuto 14 anni – a sottoporsi ad allenamenti sempre più faticosi; deciso a trasformare suo figlio in un “robocop” così lo assilla con allenamenti sempre più frequenti, al limite delle risorse fisiche del giovane.
Non contento della “persecuzione” fisica e credendo di ottenere di più l’uomo-padre inizia ad usare una seconda arma: quella del ricatto affettivo; baci ed abbracci in caso di vittoria, rimproveri e freddezza in caso non vittoria (la sconfitta nello sport,specialmente in quello giovanile, non esiste) .
Ma non finisce qui. Cosa fa l’uomo-padre per realizzare il sogno di vedere il figlio campione? Dopo fatiche fisiche e ricatti psicologici manca ancora una cosa: “prendi questo” dice al figlio e da buon padre gli dà gli integratori: proteine, creatina, aminoacidi ramificati. il ragazzo accusa malessere fisico, ha nausee, vomito, aggravato da un più che legittimo e spiegabile disagio pisicologico. Ma tutto questo cosa non conta: l’importante è nuotare più forte, diventare un campione!!
La situazione ormai è al limite di rottura (se non già superato) ed allora alcuni conoscenti, decisi a sottrarre il quattordicenne da quell’incubo, si rivolgono alla Procura.
L’uomo-padre viene indagato per maltrattamenti in famiglia, mentre le indagini dei carabinieri documentano il crescendo di vessazioni fisiche e morali, conclusioni alle quali si arriva anche in base a fondati riscontri investigativi ed alla consulenza di un medico che accerta inoltre i disagi fisico-psicologici sopportati dal ragazzo.
Potrebbe già bastare questo per rispondere alle domande iniziali e darci spunti di riflessione; ma si potrebbe dire che si tratta di un caso isolato: ed allora andiamo avanti.
Ci sono, lo riferiscono gli istruttori delle varie discipline sportive, papà e mamme che dalle gradinate sottolineano le prestazioni dei loro figli con urla e comportamenti da ultras, rivolgendo nel contempo urla ed insulti agli avversari (stiamo parlando di ragazzini) tanto da provocare le reazioni degli altri genitori e la cosa, molto spesso, non finisce solo a parolacce.
La cronaca infatti ci parla di una partita di calcio amatoriale finita con atti di violenza da parte dei genitori dei giocatori.
A questo punto, sapendo di quello che stiamo per aggiungere, verrebbe voglia di dire; “magari finisse e si risolvesse tutto con urla parolacce e un po’ di botte” magari, perché quello che stiamo per dire è molto più grave, leggete bene: ci sono genitori ed allenatori che dopano atleti giovanissimi.
Danno gocce per cardiopatici a giovani ciclisti prima del via, sono ragazzi di quattordici anni.
Nel nuoto un atleta, sempre minorenne, è stato sottoposto all’ozonoterapia; ad accompagnarlo in clinica è stato il padre!
Nel tennis un genitore ha fatto assumere, con la complicità di un medico compiacente, anabolizzante ai propri due figli minorenni che praticano quella disciplina.
Per finire abbiamo una madre che ordina via internet sostanze proibite: “Perché – ha detto – mia figlia non può arrivare seconda”.
Adesso si può rispondere alle domande poste all’inizio?
Da parte nostra, nel grande mare di affermazioni morali sociologhe ed altro che si possono fare, vogliamo solo dire una cosa: pensiamoci bene prima di dare la colpa ai giovani, di attribuire loro colpe e responsabilità che non hanno.
Non sempre certo, ma in molti casi sono “vittime” di genitori che vengono dal quel periodo infausto caratterizzato socialmente dall’edonismo che faceva del successo ad ogni costo uno dei suoi cavalli di battaglia e del quale, purtroppo, stiamo pagando le conseguenze.
18.10.2013
Stefano Cervarelli