Doping nel Ciclismo. Se non ti dopi … non arrivi nei primi dieci al Giro d’Italia
gen 25th, 2014 | By coni | Category: Medicina e Sport“Se non ti dopi è impossibile arrivare nei
primi dieci al Giro d’Italia, il 90% dei
partecipanti al Giro si dopa, di conseguenza
liberalizzare il doping sarebbe la cosa
migliore “.
Parole stucchevoli dette nel corso di un’intervista alle “Iene” da parte di Danilo Di Luca, già vincitore del Giro nel 2007 e che di conseguenza ammette le sue colpe per le quali, comunque, è già stato punito con la radiazione avvenuta il 5 dicembre 2013, primo corridore italiano nella storia del ciclismo.
Un sasso lanciato nello stagno che ha suscitato le reazioni più furibonde e rabbiose degli addetti ai lavori: “…mancanza di dignità”, “…lo fa per guadagnare quattro spiccioli”, “….difenderemo il nostro onore”, “sarà querelato”, “sono stronzate”.
Un sasso, dicevamo, lanciato con violenza inaudita proprio nel momento in cui si stava cercando di calmare le acque dello stagno ciclistico, ancorando al fondo melmoso i detriti di un passato non troppo lontano, costellato di episodi sciagurati e tristi.
Ora l’Associazione dei Corridori parla di querela per il gravissimo danno d’immagine provocato alla categoria; ma perché l’associazione non ha mai querelato chi praticava quello che Di Luca ha denunciato?
Il presidente della Federciclismo, con le sue dichiarazioni, non fa altro poi che avvalorare sospetti. Dice infatti:
”Il ciclismo oggi è un modello esemplare di pulizia. Da quando c’è il passaporto biologico è cambiato tutto”.
Allora: cosa vuol dire quell’”oggi”?
Che c’è stato uno “ieri”?
E in questo “ieri” che succedeva?
E quale è stato il momento del passaggio tra ieri e oggi?
Ancora, cosa vuol dire :” E’ cambiato tutto?”
Si è sicuri che sia cambiato tutto?
Di Luca ha vinto il giro del 2007: è chiaro che con queste dichiarazioni getta fango anche su quel successo. Lo farebbe a costo di dire bugie?
O sa che è anche questo il prezzo da pagare per rivelare una verità?
Perché nessuno ha reagito e replicato all’altra accusa lanciata dal corridore abruzzese?
Ossia che in gruppo c’è l’abitudine di vendere le corse e mercanteggiare per una vittoria di tappa o per inseguire un corridore che è scappato?
Non è vero neanche questo?
Non è ingannare i tifosi?
Se fare uso di doping per pedalare più forte è scorretto, pedalare più piano per non vincere e fa vincere un altro in cambio di soldi cos’è?
Allora, se ci uniamo al coro di chi sta “linciando” Di Luca lo dobbiamo fare solo se consideriamo il suo un atto di vendetta nei confronti di un mondo dal quale è stato estromesso – o nel quale purtroppo, per sua debolezza, non è stato capace di restare – oppure perché lo consideriamo “celebroleso”, come ha detto molto “elegantemente” Nibali.
Ma se non usiamo questi metri di giudizio (vendetta e demenza), quali altri argomenti si hanno a disposizione per contraddire o smentire Di Luca?
Non dimentichiamoci di: Contador – Ricò – Valverde – Amstrong – Ballan per citarne i più noti.
E’ possibile che a doparsi siano solo quelli che vengono scoperti?
Nessuno vuole né giustificare, né difendere Di Luca, però neanche è giusto comportarsi da benpensanti e scandalizzarsi per certe affermazioni che in fondo contengono un doppio aspetto: ovvero che pur sembrando un gesto di vendetta non si allontanano dalla verità.
A meno che non si voglia pensare che le acque dello stagno ciclistico, scosse da queste sassate, un tempo erano tranquille e trasparenti.
Stefano Cervarelli