Basket. L’Eternauta “DIDO GUERRIERI” è volato lontano, ma non ci ha lasciato. …
feb 6th, 2013 | By admin | Category: Sport News Basket.
L’Eternauta “DIDO GUERRIERI” è volato lontano, ma non ci ha lasciato.
di Stefano Cervarelli
In una sua rubrica che teneva settimanalmente sulla rivista “SuperBasket” amava definirsi “eternauta” e dobbiamo dire che Dido Guerrieri non sbagliava a dare di sé questa definizione.
La sua era veramente una dimensione spaziale al di là di regole precostituite, stereotipi e confini di ogni tipo. Amava la cultura, la bellezza, la poesia, la musica: era sensibile ed intelligente, al di là di un aspetto burbero creato quasi a difesa della sua libertà.
Portato per natura all’insegnamento – aveva conseguito nel 1955 il diploma di professore di educazione fisica – mal sopportava l’idea di essere considerato, e quindi limitato (lui spaziale), soltanto un allenatore che insegnava basket.
Sentiva di avere dentro di sé, e di conseguenza dare a chi gli stava vicino, ben altro.
Ai suoi giovani parlava di libri di poesia, non perdeva occasione per portarli in giro per monumenti ogni volta che ne aveva la possibilità, durante le trasferte.
E i suoi giovani, i suoi giocatori lo ascoltavano con attenzione e lo seguivano, colpiti forse, oltre che dalla sua cultura, da quella sottile ironia con la quale amava sottolineare le cose e da quel suo linguaggio pittoresco e privo di fronzoli.
A Dido quindi piaceva lanciare i suoi giovani, responsabilizzarli, farli crescere non solo come giocatori; questi a loro volta capivamo ben presto che dietro a quei modi bruschi c’era un uomo buono, divertente, sincero: capivano la sua libertà e lo amavano.
Nasceva così una simbiosi che, seppure non ha portato agli scudetti, non ha impedito a Guerrieri e alle squadre che ha allenato di togliersi diverse soddisfazioni, prima fra tutte quella di andare sempre oltre i pronostici.
Pur non vincendo scudetti, quindi, Dido è entrato nell’anima e nella storia del basket proprio per il rapporto che aveva con i giocatori e per quello che ha rappresentato nell’evoluzione del gioco.
In una scheda sempre di questo sito si può leggere il curriculum del “professore” così veniva chiamato nell’ambiente, al quale però mancano un paio di cose: Guerrieri è stato vice allenatore di Giancarlo Primo nella nazionale maggiore, allenatore della nazionale militare e juniores.
Sempre a riguardo poi delle soddisfazioni e dei risultati ottenuti contro ogni pronostico è necessario sottolineare qui due soli episodi della sua carriera.
Il primo quando da allenatore della pallacanestro Milano ha vinto contro la più blasonata Olimpia Milano nel periodo 1974-78 sette derby su dodici: per avere un raffronto basti dire che prima del suo arrivo la Pallacanestro Milano aveva vinto solo un derby su venti.
Il secondo episodio quando con la Berloni Torino raggiunse per tre volte le semifinali di play-off.
Ma poteva un eternauta rinunciare ad esplorare altri mondi?
Poteva soprattutto un allenatore di basket eternauta non esplorare il mondo americano? No, non poteva.
I primi approcci con il mondo fantastico del basket USA Dido li ha quando frequenta l’Università a Roma.
Insieme ad altri giovani appassionati di basket, alcuni dei quali diventeranno poi famosi personaggi (tra questi c’è pure Perrella) sfidano in appassionate partite alla cavallerizza – uno spiazzo vicino al Flaminio – le truppe americane di stanza a Roma.
Sono sempre sonore sconfitte, ma anche lezioni di basket che forniscono ai nostri atleti concetti e tecniche innovative.
Con il passare degli anni la passione di Dido per il basket USA è andata sempre più crescendo facendone un vero e proprio studioso fino al punto che, diventato tecnico federale, approfittando anche della sua ottima conoscenza dell’inglese, fu inviato dalla federazione in America per seguire clinic e stage vari, per poi farne delle pubblicazioni da destinare agli allenatori italiani.
Il suo legame con gli USA poi si è consolidato ulteriormente quando sua figlia Chiara
ha sposato un americano ed è andata ad abitare a Seattle dove Dido, libero da impegni, amava trascorrere lunghi periodi nella natura, tra letture e studio di basket americano.
Di questo basket il Prof. si era fatto portavoce traghettando il gioco italiano – come affermava Bianchini – verso la modernità.
Non a caso la filosofia cestistica di Guerrieri poggiava su due fondamentali concetti: contropiede e gioco libero: divertente per chi lo esegue e per chi lo vede.
Un modo di giocare che rapportato alle squadre di oggi lo si può vedere nel Sassari allenata da Sacchetti, giocatore di Guerrieri alla Berloni Torino. Non a caso il Sassari si trova tra le prime in classifica.
Dido aveva smesso di allenare nel 1995 perché colpito dai primi sintomi della malattia. Da allora i suoi soggiorni a Seattle si erano fatti sempre più lunghi arrivando a vivere sei mesi all’anno nella città statunitense e sei mesi a Sesto San Giovanni, vicino all’altro figlio Luca che lavora a Milano.
Non so quanti lo ricorderanno ma una volta, era il 1981, venne con la sua squadra a giocare a Civitavecchia.
Fu in occasione del Torneo Nazionale di Basket “Civitavecchia-mare ’81″, organizzato dal Basket 74. Io che allenavo in quella società, insieme ad Ivano Tassarotti, Franco Tedeschi e Angelo Porchetti, fummo delegati al ruolo di assistenza squadre ospiti.
A me toccò il Basket Vigevano, allenato proprio da Dido Guerrieri e nelle cui file militava un campione come Marino Zanatta.
Ebbi così la fortuna di stare tre giorni a contatto con lui fino a quando, l’ultimo giorno mi fece…… un clinic privato sulla terrazza del Sumbay Park Hotel, dove restammo a chiacchierare di pallacanestro per più di un’ora.
Il filo che lo ha tenuto legato per un certo tempo a Civitavecchia è consistito nelle visite che effettuava periodicamente a due sue anziane zie che abitavano in una palazzina accanto al marmista Romiti. A me, che abitavo nelle vicinanze, capitava sovente di incontrarlo nei pressi del portone dell’abitazione.
In un suo “taccuino”, ormai di tanti anni fa una volta parlò di Civitavecchia dicendo tra l’altro: “……….Civitavecchia, una città certo non grande, certo non bella. Però mio padre – civitavecchiese – quando mia madre doveva darmi alla luce, la portò appositamente a Civitavecchia perché il figlio fosse civitavecchiese anche lui…….
………Manco ormai da diversi anni da Civitavecchia. Prima o poi farò un salto, farò colazione con una granita di caffè o un maritozzo imbottito di panna fresca. Scenderò per via Cencelle, arriverò fino al porto e mi nascerà la nostalgia delle passeggiate che facevo da bambino nel quartiere di Shangai ( quello del porto) dove le strade si chiamavano Prima, Seconda, Terza, come a New York.
C’era un profumo di bomboloni appena fritti che si mescolava a quello del pesce appena pescato……….Shangai non c’è più: i bombardamenti l’hanno letteralmente distrutta……la mia città è seconda o terza nella terribile classifica delle città che hanno subito maggiori distruzioni dalla guerra………..difficilcilmente tornerò a vivere nel mio luogo d’origine, ma prima o poi una rimpatriata……..”.
Caro vecchio Dido ci piace pensare che ci hai lasciato con negli occhi un tramonto civitavecchiese.
Stefano Cervarelli