Lo sport a Roma
ago 28th, 2006 | By admin | Category: History Sport Per i Romani lo sforzo fisico non poteva essere inteso secondo lo spirito ellenico. Ritenevano che lo sport, come veniva praticato in Grecia, risultava inutile e insulso in quanto privo di finalità pratiche come, per esempio, la prospettiva che lo sforzo fisico era svincolato dall’educazione militare. Per i Romani, inoltre, risultavano intollerabili le nudità degli atleti greci. Tuttavia l’interesse per i giochi era fortissimo, ma veniva letto in una chiave cruenta e spettacolare perché doveva soddisfare i bassi istinti del popolo. Il calendario dell’Urbe vantava una vastità di feste, celebrazioni, giochi ed altre ricorrenze e di fatto si può dire che mediamente un romano lavorava un giorno su tre. Nella celebre frase “pane e circenses” gli imperatori trovarono il rimedio contro le forme di malessere sociale: scongiurare la noia del popolino, ma soprattutto prevenire le possibili rivolte. Alla dimensione laica dei giochi, bisogna associare anche quella religiosa che si legava a simbolismi astrali o alla perenne lotta tra il bene e il male. I giochi, infine, avevano il loro epilogo rassicurante nella certezza del trionfo della civiltà romana sui barbari e nella punizione dei malfattori che espiavano le loro colpe venendo uccisi nell’arena. A Roma gli spettacoli pubblici si suddividevano in tre categorie: i ludi circenses, i ludi scaenici e i munera. Quest’ultimi erano gli spettacoli gladiatorii veri e propri. Tra i circenses rientravano tutti gli spettacoli che in genere si svolgevano nel circo: i munera (o ludi gladiatorii), le pubbliche esecuzioni dei condannati a morte che venivano gettati in pasto alle fiere (ad bestias), le battaglie navali (naumachiae), le gare dei cocchi, le venationes (uomini che combattevano contro leoni, tigri, elefanti, orsi, bufali e rinoceronti) e le rappresentazioni teatrali o mitologiche dove il protagonista moriva sul serio. Queste suddivisioni non devono essere viste in modo rigido in quanto in molte occasioni le diverse pratiche si svolgevano contemporaneamente. Tra le varie nefandezze attuate durante i giochi ricordiamo che in occasione dell’inaugurazione del Colosseo si curò la rievocazione del mito del brigante Lareolus che dopo aver compiuto numerosi delitti subì il supplizio della crux. Per rievocare questo mito il protagonista fu realmente crocefisso e contro di lui gli fu scagliato un orso inferocito che dilaniò in tal modo il malcapitato che delle sue membra non si scorgeva nessuna sembianza umana.
I Gladiatori
Il gladiatore era un particolare lottatore, durante l’Impero Romano, il nome deriva dal gladio, una piccola spada corta usata molto spesso nei combattimenti. La pratica dei combattimenti di gladiatori, viene dall’Etruria, e, come molti altri aspetti della cultura etrusca, fu subito adottato dai romani. La loro origine è da ricollegare al cosiddetto munus (termine che in latino ha il doppio significato di incarico e di dono) e cioè all’abitudine dei personaggi più facoltosi di offrire al popolo, a proprie spese, pubblici spettacoli in occasione di particolari circostanze, come ad esempio, duelli all’ultimo sangue fra schiavi, in occasione del funerale di qualche congiunto.
Il primo spettacolo con gladiatori si svolse, probabilmente, nel 264 a.C..
Nel 105 a.C. i giochi divennero pubblici.
Nel IV secolo, l’Imperatore Costantino, dopo aver abbracciato la fede cristiana, li proibì .
I combattenti potevano anche essere dei veri professionisti agguerriti o, dei nuovi gladiatori inesperti, dei condannati, (criminali, schiavi, galeotti, prigionieri di guerra, cristiani,…), o degli uomini liberi, senza distinzioni di razza, né di sesso, (i combattimenti di femmine, estremamente rari, erano sempre quelli più richiesti.).
I galeotti ed i prigionieri di guerra, particolarmente agguerriti, per aver sopravvissuto ad anni di lotte e di sofferenze, erano i più ricercati. Molto spesso, originari di terre lontane, (Numidia, Tracia, Germania…), essi si proponevano volentieri, in modo da poter progredire in questa carriera. Era infatti inconcepibile per un Romano, inserire in un combattimento di gladiatori, qualcuno che non fosse volontario.
L’addestramento era ancora più approfondito di quello praticato nelle scuole militari romane . Essi praticavano la scherma, il maneggio di armi particolari, e miglioravano la loro condizione fisica con faticosissimi allenamenti.
La gladiatura divenne, sotto l’era cristiana, uno sport di alto livello a Roma, ed i centri di addestramento rivaleggiavano tra loro, gli uni contro gli altri, nel cercare di produrre i migliori combattenti.
Le condizioni di vita per i gladiatori, erano eccezionali; in quanto essi avevano le porte aperte a tutte le serate mondane organizzate a Roma e nei suoi dintorni. L’addestramento era la loro vera estrema costrizione e occorreva aver cura di questi autentici atleti, dei loro momenti di rilassamento e del prestigio della loro reputazione. I nuovi gladiatori non avevano il privilegio dell’accesso alle serate di feste ma, questa notorietà faceva parte della vita che inseguivano tanti giovani gladiatori.
La rivolta di Spartacus prese corpo nel 73 a.C., in una scuola di gladiatori di Capua ma, all’epoca, questo sport era ancora poco e male regolamentato.
105 a.C. – Praticati dall’epoca degli etruschi, i combattimenti dei gladiatori, vengono inseriti nei giochi pubblici romani da Gaio Mario.
Questi combattimenti, certamente mortali, erano molto regolamentati e non somigliavano per niente alla caricatura presentata, particolarmente, dai films hollywoodiani, fatta eccezione per alcuni film di recente produzione, come, ad esempio, il pluri premiato Il gladiatore del regista Ridley Scott.
Tuttavia, gli stessi romani, si interrogarono molto presto, sull’interesse e la legittimità di un tale sport spettacolo. Alla gladiatura necessitava, in effetti, il riconoscimento ai diritti legati alla cittadinanza romana; ma ciò era pressappoco un’eresia per i romani . Per certuni, il gioco valeva la candela, poiché la gloria e la fortuna raccolta nell’arena, era veramente considerevole. Non bisogna però confondere i combattimenti di gladiatori con i veri spettacoli nei quali venivano impiegati animali selvatici e altri, nei quali venivano proposte ricostruzioni di battaglie. Gli storici studiano ormai, con una nuova ottica, la gladiatura romana, in un profilo più “sportivo”,rimarcando così, nettamente, una separazione con la storiografia classica, sotto l’influenza totale dei testi cristiani, molto ostili a certe pratiche. I greci adottavano ugualmente sport marziale, ma la gladiatura non era praticata in tutto l’Impero Romano, in Egitto ed in Medio Oriente in particolare, dove ci si contentava delle corse dei carri, lo sport principe dell’antichità.
27- La tragedia di Fidènes.
Approfittando della politica di austerità di Tiberio, alcuni opportunisti, mettevano su delle prove che non erano assolutamente coperte dalle migliori garanzie di sicurezza. La tragedia di Fidènes, segnò profondamente i romani, a seguito del crollo di un anfiteatro edificato in fretta e furia a qualche chilometro fuori Roma. Tacito che racconta la tragedia nei suoi “Annales”, cita la cifra di 50.000 tra morti e feriti. In conseguenza di questa tragedia, la legislazione sull’organizzazione di spettacoli sportivi, fu successivamente, molto regolamentata in tutto l’Impero.
37 – In controtendenza al regno di Tiberio, l’imperatore romano Caligola, ( dal 37 al 41), moltiplicò il numero delle corse dei carri ed altre prove sportive a Roma.
Egli privilegiò ugualmente la gladiatura che, già di suo, faceva figura di grande sport romano, rispetto alla boxe ed alle corse dei carri.
399 – Sotto la pressione cristiana, chiusura delle scuole di gladiatori a Roma.
Questo sport spettacolo romano era disprezzato dai cristiani, i quali non giunsero tuttavia, ad interdirne la pratica nemmeno a Roma.
439- Ultimi combattimenti di gladiatori a Roma.
Cioè, più di un secolo dopo la prima interdizione dell’imperatore Costantino.
I combattimenti
Prima del combattimento, i concorrenti si recavano sotto la tribuna dell’Imperatore, quando egli era presente, e urlavano: ” Ave Caesar, qui morituri te salutant.”, (“Ave Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano.”).
Questa formula è stata molto sfruttata, da parte dei produttori di films sull’antica Roma, da parte dei produttori di Hollywood . Sembra invece che, questa formula, non fosse utilizzata che in occasione delle ricostruzioni delle battaglie, ma non aveva niente a che vedere con la gladiatura.
I combattimenti opponevano sempre delle coppie di gladiatori differenti: Reziari, Secutores, Mirmilloni, Traci, Dimachaeri.
Ogni categoria di gladiatori aveva le proprie peculiarità, in materia di equipaggiamento e di colpi permessi. Ogni categoria di gladiatori aveva dei vantaggi e degli svantaggi. Cercando di rendere pari le chances di ogni combattente, i romani dosavano questi vantaggi e questi svantaggi. I combattimenti più classici mettevano di fronte:
I Reziari contro i Mirmilloni
I Traci contro i Secutores
Si gareggiava poi per trovare idee sempre nuove, traendo ispirazione da episodi mitologici, o ricercando situazioni grottesche, come quella inscenata dell’imperatore Domiziano che, nel 90 fece combattere nani contro donne.
Dopo i combattimenti, il gladiatore che aveva avuto la meglio sull’avversario, si girava verso la folla per domandare la sorte riservata allo sconfitto.
Gli spettatori indicavano loro, con un segno della mano:
Pollice in su : mitte (salvo)
Pollice in giù : jugula (morte),
ma, era l’imperatore ( o, colui che organizzava i giochi), che con il pollice della sua mano, decretava la sentenza finale. Il classico gesto del “pollice verso” è stato probabilmente male interpretato; il movimento, contrariamente a come siamo abituati a vedere nelle produzioni cinematografiche, non era puntato in basso, ma verso la gola; questo imitava il gesto rituale con cui veniva finito il perdente, trafiggendo il cuore con una puntata alla base della gola.
L’organizzatore, imperatore compreso, doveva pagare una cifra molto alta, per ogni gladiatore ucciso. Non era perciò francamente incline a chiedere spesso la morte. I romani erano molto appassionati di statistiche sportive e si conservavano cimeli della carriera di alcuni gladiatori, dimostrando che essi erano stati sempre “graziati” o, vincitori. Di più, il gladiatore poteva, in qualsiasi momento interrompere i combattimenti