Consiglio Provinciale. L’allarme delle Società Sportive Dilettantistiche

08.02.2011
In una affollata sala Rossa, alle Piscine del Foro Italico, si è tenuto il primo Consiglio Provinciale del Coni Roma del 2011, allargato per l’occasione alla politica e alle associazioni sportive.

Tra gli argomenti sul tavolo, il protocollo d’Intesa finalmente approvato che vedrà Coni, Miur e Comitato paralimpico romano, sempre più uniti nella promozione a livello scolastico delle discipline che fanno capo ai Giochi Sportivi Studenteschi e le sanzioni comminate dall’Agenzia delle Entrate ad alcune società sportive dilettantistiche romane (ma il problema è a livello nazionale).

Proprio questo secondo tema ha tenuto banco, con diversi interventi che hanno cercato di fare chiarezza su una questione, quella appunto del “dilettantismo”, che contraddistingue l’attività della stragrande maggioranza delle società sportive nel nostro Paese.

Il discrimine tra attività senza scopo di lucro e attività commerciale è al centro di una contesa che, a detta di tutti i presenti, può essere sbrogliata solo da un intervento legislativo “ad hoc”.

L’impegno del Consiglio, sostenuto dai rappresentanti delle Commissioni Sport di Comune (Masini), Provincia (Battaglia) e Regione (Foschi), sarà quello di sensibilizzare i vertici nazionali dello sport affinché intervengano sul mondo politico.

Il nodo è quello relativo all’interpretazione che lo Stato dà attualmente alla figura dell’associazionismo sportivo e all’attività sportiva che ne consegue.

Per il Tesoro si tratta comunque di un esercizio commerciale, e come tale va tassato; non cosi per i gestori e i presidenti di tantissime Associazioni virtuose (che vanno separate dalle “finte” associazioni, che si riparano dietro il marchio Coni o di un Ente di promozione per perseguire interessi di bottega), che in buona fede reinvestono i proventi dei corsi nell’attività quotidiana delle loro società.

Intanto stanno piovendo sulla testa di molti di loro multe salatissime (fino a 100mila euro) e la tentazione di mollare, per chi è in buona fede, è davvero grande. Si tratterebbe non solo di un guaio per tutto il movimento sportivo italiano, ma la fine di un modello unico al mondo, che in molti hanno studiato e cercato di ripetere.

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